Diritto dell’ambiente dell’Unione Europea post-Lisbona: un’introduzione

Dr. Wybe Th. Douma

Traduzione a cura di Marco Inglese

1) Introduzione

Questo testo è una breve introduzione sulla parte di diritto dell’Unione Europea riguardante la protezione dell’ambiente. Innanzitutto, sono presentate le più importanti disposizioni del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) e del Trattato sull’Unione Europea (TEU) relative alla protezione dell’ambiente e allo sviluppo sostenibile (paragrafo 2). Ciò posto, il paragrafo 3 analizza la storia del diritto ambientale dell’Unione Europea attraverso i trattati, cominciando con delle considerazioni generali. In seguito, come i Trattati (AUE, Maastricht, Amsterdam, Nizza e Lisbona) hanno modificato l’originale della Comunità Economica Europea nei due attuali. Inoltre, si discute brevemente anche della Costituzione mai entrata in vigore. Ad ogni modo, l’attenzione è orientata alle modifiche delle disposizioni in materia di ambiente e sviluppo sostenibile.

 

2) Disposizioni rilevanti

 

TUE  
Art. 3 par 3 TUE (ex art. 2 CE) Obiettivi dell’Unione (incluso lo sviluppo sostenibile dell’Unione, delle attività economiche e un alto di livello di protezione della qualità dell’ambiente
Art. 21 par. 2 sub d) ed f) TUE (ex art.36 UE) Nella politica estera l’Unione favorisce lo sviluppo sostenibile e partecipa alla promozione di misure internazionali volte a preservare la qualità dell’ambiente
TFEU  
Art. 11 TFEU (ex art. 6 CE) Principio dell’integrazione, sviluppo sostenibile
Art. 13 TFUE (ex protocollo 10 allegato al Trattato di Amsterdam) Benessere degli animali
Art. 34 TFUE (ex art. 28 CE) Divieto di restrizioni quantitative alle importazioni
Art. 36 TFUE (ex art. 30 CE) Eccezioni al divieto di cui all’art. 34, per la protezione della salute e della vita di esseri umani, animali e piante
Art. 114 TFUE (ex art. 95 CE) Mercato comune
Art. 191 TFUE (ex art. 174 CE) Protezione dell’ambiente
Art. 192 TFUE (ex art. 175 CE) Base giuridica per azioni in materia di ambiente
Art. 193 TFUE (ex art. 176 CE) Misure nazionali più restrittive

 

2) Cenni storici sul diritto dell’ambiente nei Trattati

Nonostante la parola “ambiente” non fosse menzionata nel trattato che istitutiva la CEE, la sua protezione ne è stata uno degli obiettivi fin dal 1972. Furono approntati Piani di Azione che descrivevano ulteriormente obiettivi e principi ma che stabilivano anche settori ad alta priorità tali da richiedere interventi. Soprattutto attraverso l’utilizzo delle disposizioni sul mercato interno (l’attuale art. 114 TFUE), furono emanate misure che regolavano settori come l’inquinamento delle acque e dell’aria. L’armonizzazione delle legislazioni ambientali nazionali era considerata necessaria per non ostacolare il commercio intracomunitario, per prevenire regole di concorrenza inique e per salvaguardare la protezione della salute umana e dell’ambiente stesso. A questo punto, erano già state introdotte centinaia di misure, in grado di influire su quasi tutti i settori del diritto dell’ambiente nazionale. In questo modo, quasi tutte le legislazioni ambientali nazionali degli Stati Membri sono state influenzate o prescritte da Bruxelles.

L’Atto Unico Europeo

Il primo luglio 1987 il Trattato CEE viene modificato dall’Atto Unico Europeo, che porta all’esplicita menzione dell’ambiente all’articolo 100A (mercato interno, ora art. 114 TFUE) e ad un proprio titolo separato, l’articolo 130R-T (ora gli artt. 191-193). Ad ogni modo, la protezione dell’ambiente non è ancora inclusa formalmente tra gli obiettivi della CEE.

Il Trattato di Maastricht

Il primo novembre 1993, con l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht, la protezione dell’ambiente riceve finalmente un posto formale tra gli obiettivi della CE, all’art. 2 del Trattato sulla Comunità Europea (come d’ora in poi verrà chiamata la precedente Comunità Economica Europea). Da questo momento, l’Unione esiste accanto alla Comunità.

Il Trattato di Amsterdam

Il Trattato di Amsterdam entra in vigore il primo maggio 1999. Il Trattato CE viene rinumerato. Il principio dell’integrazione, formalmente incluso nell’articolo 130R è spostato altrove. L’articolo 6 adesso richiede che la protezione dell’ambiente sia integrata nella definizione e nell’attuazione delle politiche comunitarie e delle attività riferite nell’articolo 3, in particolare con lo scopo di promuovere lo sviluppo sostenibile. L’articolo 95 (ex 100A, dopo Lisbona art. 114 TFUE), che disciplina il mercato interno, concede la possibilità di mantenere misure nazionali più restrittive nonostante le norme di armonizzazione della Comunità. Infine, è necessario sottolineare che la procedura di codecisione, attraverso la quale in alcuni casi il Parlamento possiede un diritto di veto, è ora applicabile agli atti basati sia sull’art. 95 (art. 114 TFUE) che sull’art. 175 (art. 192 TFUE).

Il Trattato di Nizza

In termini di protezione ambientale, il Trattato di Nizza non ha apportato grandi progressi. Sebbene l’agenda della Conferenza Intergovernativa comprendesse anche l’ambiente, gli obiettivi stabiliti non furono raggiunti. Il maggiore svantaggio di Nizza è che le procedure in materia ambientale rimangono immutate. Il voto all’unanimità non è stato, come proposto, modificato in quello a maggioranza qualificata per gli aspetti concernenti le c.d ecotasse, rendendo la procedura di adozione degli atti difficile in questo settore, soprattutto in vista dell’imminente allargamento.

Un altro potenziale inconveniente è costituito dal fatto che la disposizione sull’ambiente sarà modificata in “misure sulla… disponibilità di risorse acquatiche” mentre quella originale era “misure concernenti”. La nuova, più ampia, formulazione implica che un maggior numero di esse vi saranno ricomprese e dovranno quindi essere decise all’unanimità.

La Costituzione Europea

Le quattro parti del testo su cui fu raggiunto l’accordo contengono diverse disposizioni in materia ambientale. Nella Parte I, è chiaro che lo sviluppo sostenibile, basato inter alia sul miglioramento della qualità dell’ambiente, è compreso tra gli obiettivi dell’Unione (art. I-3 par.3), come anche la sua promozione a livello globale (art. I-3 par. 4.) Esso diventa una materia di competenza concorrente (art. I-13). Nel preambolo della parte II (Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione), l’Unione si incarica della promozione di uno sviluppo equilibrato e sostenibile. La necessità di integrare la protezione dell’ambiente nelle politiche dell’Unione è formulata sia nella Parte II (art.II-37) che nella Parte III sulle Politiche ed il Funzionamento dell’Unione (III-4) . La disposizione di cui all’art. III-4 è quasi del tutto identica al precedente art.6 CE. L’art. II-37 prescrive il dovere di assicurare un alto livello di protezione ambientale e di migliorare la qualità dell’ambiente “conformemente al principio dello sviluppo sostenibile”. L’art. II-3 par. 1 riguarda il diritto al rispetto dell’integrità fisica (e mentale). L’art. II-7 contiene il diritto al rispetto della vita privata e familiare. Queste disposizioni possono venire in rilievo in caso di forti fenomeni di inquinamento. Gli articoli da III-129 a III-131 sono dedicati all’ambiente e sono in linea di principio identici ai precedenti artt. 174-176 CE. Il requisito dell’unanimità è necessario per le misure fiscali, per la pianificazione di città e campagne e per utilizzi specifici di suolo, terra, energia e acqua. L’art. III-43 sostituisce l’art. 30 CE, senza aggiungere “la protezione dell’ambiente” alla lista delle deroghe, ciò significa che la giurisprudenza sui motivi imperativi e il relativo test di ragionevolezza (rule of reason) rimangono di vitale importanza. L’art. III-65 sostituisce l’art. 95 CE senza modificare sostanzialmente la possibilità di invocare ragioni ambientali per mantenere legislazioni nazionali più restrittive. Infine, il testo contiene un nuovo articolo sull’energia (III-157), in cui acquisisce rilievo il bisogno di preservare e migliorare l’ambiente. Ciò considerato, se i referendum nazionali avessero permesso l’entrata in vigore del Trattato, ambiente e sviluppo sostenibile ne avrebbero beneficiato, soprattutto attraverso le disposizioni della Carta. Invece, i referendum in Francia e nei Paesi Bassi hanno detto “no” alla Costituzione portando quindi alla creazione del Trattato di Lisbona.

Il Trattato di Lisbona

Il Trattato di Lisbona è costituito da due Trattati, quello sull’Unione Europea (TUE) e quello sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). Esso è entrato in vigore il primo dicembre 2009. Da questo momento, la struttura in pilastri non esiste più. La codecisione (Consiglio e Parlamento decidono insieme) diventa la procedura legislativa ordinaria. L’art. 194 TFUE introduce una competenza in materia di energia, che deve essere perseguita tenendo in considerazione ambiente, mercato interno e solidarietà tra Stati Membri. L’unico cambiamento alle disposizioni che regolano specificatamente la protezione dell’ambiente è una piccola aggiunta all’art.191 par. 1 TFUE. Tale norma già prevedeva che l’Unione potesse promuovere misure a livello internazionale a riguardo di problemi globali o regionali e il Trattato di Lisbona specifica che esse possono essere adottate in particolare per combattere il cambiamento climatico. Nonostante le lamentale che questa aggiunta potesse dare nuovi poteri a Bruxelles, da un punto di vista giuridico non cambia nulla. L’Unione poteva già agire per combattere il cambiamento climatico prima di Lisbona. L’aggiunta (che non era prevista nella Costituzione) è solo una mera spiegazione. Nonostante la Carta dei Diritti Fondamentali sia soltanto allegata al Trattato, essa possiede un valore giuridico pieno e vincolante. Inoltre, l’Unione Europea entrerà a far parte del sistema della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU). La Carta prescrive un alto livello di protezione ambientale e di miglioramento di tali condizioni che dovrebbero essere ottenute attraverso i principi di integrazione e sviluppo sostenibile (art. 37 della Carta)

4) Argomenti rilevanti

– La libera circolazione delle merci

La politica ambientale nazionale deve conformarsi ai requisiti specifici imposti dalle direttive o dai regolamenti. Essi saranno discussi d’ora in poi nel momento in cui si applicano al mercato interno e all’ambiente. In mancanza di siffatti specifici requisiti, vengono in rilievo quelli contenuti nel TFEU. A riguardo di norme ambientali nazionali aventi un impatto sulla libera circolazione delle merci è importante il divieto contenuto nell’art. 34 TFEU (ex art. 28 CE). Le restrizioni quantitative all’importazione e le misure aventi effetto equivalente sono proibite in via di principio, salvo che non siano necessarie per la protezione della salute degli esseri umani, degli animali e delle piante, come prescritto dall’art. 36 TFEU (ex art. 30 CE). Anche la protezione dell’ambiente costituisce una possibile eccezione, ma è sempre soggetta al test di ragionevolezza (c.d rule of reason). La Corte di Giustizia ha applicato il suddetto test nel caso Danish Bottles, C-302-86. Tali divieti o restrizioni non possono, in ogni caso, costituire un mezzo di discriminazione arbitraria ne’ una restrizione dissimulata agli scambi tra Stati Membri. Essi dovrebbero essere proporzionali, nel senso che non devono essere disponibili altri mezzi con un impatto meno restrittivo sul mercato per raggiungere quel determinato fine.

– Il completamento del mercato interno

L’art. 114 TFEU (ex art. 95 CE) consente di adottare misure che abbiano ad oggetto il completamento ed il funzionamento del mercato interno. Il paragrafo 3 richiede un alto livello di protezione da prendersi come base per, inter alia, ambiente e tutela della salute,. Il paragrafo 4 consente di mantenere, rispettando determinate circostanze, le misure nazionali esistenti per la protezione dell’ambiente in quanto tale ma anche di quello lavorativo. Il paragrafo 5 permette anche l’introduzione di nuove misure più restrittive per la protezione dell’ambiente, sebbene a condizioni più gravose. Il caso Land Oberosterreich c. Commissione, C-439/05, dimostra la difficoltà nell’invocare questa eccezione. La regione dell’Alta Austria esprimeva dubbi sulla trasposizione della nuova direttiva 2001/18 sugli OGM e avrebbe voluto introdurre una legislazione più restrittiva, cosi il governo austriaco notifica alla Commissione. Ad ogni modo, in mancanza di nuovi dati o nuove prove di carattere scientifico, la Commissione respinge la richiesta.

– Disposizioni sull’ambiente

L’art. 191 TFEU (ex art. 174 CE) descrive gli obiettivi ed i principi della politica ambientale dell’Unione. L’art. 191 TFEU, par. 2, richiede un alto livello di protezione, ma permette eccezioni dovute alle differenze regionali. L’art. 192 TFEU (ex art. 175 CE) è la vera base giuridica e disciplina il processo decisionale per l’adozione degli atti. Infine, l’art. 193 TFEU (ex art. 176 CE) consente agli Stati Membri di prendere o mantenere misure più restrittive. Tuttavia, esse devono essere compatibili con il diritto primario e devono essere notificate alla Commissione.

Gli atti che hanno un collegamento meno diretto con il mercato comune, come quelli per la protezione della natura, ma anche la nuova direttiva 2008/98 concernente i rifiuti, sono adottati usando come base giuridica il capo riguardante l’ambiente.

– Le direttive

L’art. 288 TFEU (ex art. 249 CE) sancisce che le direttive obbligano gli Stati Membri ad ottenere un determinato risultato entro un periodo di tempo predefinito, lasciando loro la possibilità di scegliere la forma ed i mezzi. Gli individui possono invocare le norme delle direttive quando il legislatore nazionale le abbia trasposte in ritardo o non correttamente. Esse, tuttavia, devono essere sufficientemente chiare, precise ed incondizionate. Ad ogni modo, può essere tracciata una distinzione tra le situazioni in cui le misure nazionali sono più restrittive delle direttive e quelle in cui lo sono meno. Nel primo caso, i soggetti direttamente interessati possono invocare le disposizioni dell’Unione; nel secondo, i terzi possono invocarle contro lo Stato Membro in questione (ma non contro altri individui).

– I regolamenti

I regolamenti dell’Unione sono per loro stessa natura direttamente applicabili all’interno degli Stati Membri (art. 288 TFEU, ex art. 249 CE). I regolamenti sono adottati per materie che dovrebbero essere disciplinate nello stesso modo in tutti gli Stati Membri, ad esempio l’importazione o l’esportazione dei rifiuti e il commercio di specie animali e vegetali a rischio.

– La giurisprudenza

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea è la corte di ultima istanza in cui sono trattate le questioni di diritto dell’Unione. Essa è composta dal Tribunale e dal Tribunale della Funzione Pubblica. E’ assistita da 8 Avvocati Generali che emettono delle conclusioni, in presenza di condizioni specifiche, nonostante la Corte non sia vincolata a seguirle. La Corte interpreta il diritto nelle controversie in cui è adita, sia in casi che riguardano le istituzioni sia per quelli degli individui, secondo le seguenti modalità:

La procedura stabilita dall’art. 258 TFEU (ex art. 226 CE). Tale disposizione permette alla Commissione di iniziare una procedura per l’applicazione del diritto dell’Unione davanti alla Corte quando ritiene che uno Stato Membro non abbia adempiuto le proprie obbligazioni derivanti da esso. Tuttavia, questo è solo l’ultimo passaggio della procedura. Infatti, la Commissione e lo Stato Membro negoziano prima che sia adita la Corte. Cio’ avviene in differenti fasi: prima si hanno negoziazioni informali tra le due parti; se non ottiene una conclusione soddisfacente, la Commissione invia una lettera di messa in mora indicando le infrazioni specifiche; se un corretto adempimento non è stato ancora raggiunto, la Commissione emette un parere motivato con il quale concede allo Stato Membro due mesi di tempo per adeguarsi prima che si giunga di fronte alla Corte. Se quest’ultima condivide gli argomenti della Commissione, lo Stato Membro è obbligato a modificare la propria legislazione nazionale in favore di quella comunitaria. In base all’art. 260 TFEU (ex art. 228 CE) può essere imposta anche una sanzione pecuniaria. La Grecia è stata la prima nazione ad essere multata, C-387/97.

La procedura prevista dall’art. 267 TFEU (ex art. 234 EC). Secondo questa disposizione, il giudice nazionale può (ma se di ultima istanza, deve) rinviare una questione riguardante l’interpretazione del diritto o la sua applicazione alla Corte di Giustizia, se detta questione sorge nel corso di una controversia tra individui posta di fronte ad esso. L’interpretazione dei Trattati e degli atti dell’Unione costituiscono l’oggetto del rinvio. Anche il diritto nazionale può essere verificato in rapporto a quello dell’Unione. Il giudice nazionale deve seguire l’interpretazione fornita dalla Corte.

Tra i casi decisi dalla Corte in materia ambientale si annoverano quello dei rifiuti in Vallonia, C-2/90, sentenza del 9 luglio 1992 in cui e’ stato stabilito che un completo divieto di importazione di rifiuti pericolosi non e’ conforme con la direttiva 84/631 in cui era previsto un sistema di contrappesi per i soggetti; il caso delle api danesi, C-67/97, sentenza 3 dicembre 1998, in cui il divieto di importazione di altre specie di api su altre isole poteva essere giustificato utilizzando la deroga relativa alla vita ed alla salute degli animali come stabilito dall’art. 36 TFEU (ex art. 30 EC). Casi più recenti sono Commissione c. Italia, C-297/08, in relazione alle procedure di smaltimento dei rifiuti e Raffinerie Mediterranee (ERG), C-378/08, relativo al principio “chi inquina paga” e alla responsabilità’.